#04 - LA SCIENZA

Gli igrometri, utilizzati in fisica, misurano la quantità di acqua esistente nell’aria dell’atmosfera sotto forma di vapore. 

L’umidità è una grandezza fisica non direttamente misurabile, ma derivabile in vario modo da misure su particolari fenomeni. Una caratteristica, sfruttata per un certo tipo di misure, consiste nel fatto che un dato volume d’aria, in circostanze determinate dai valori di pressione e temperatura, non può contenere che una certa quantità d’acqua sotto forma di vapore: se si abbassa la temperatura o si aumenta la pressione allorché l’aria è già pregna di vapore, una frazione di questo condenserà allo stato liquido (o solido). Per compiere questo tipo di rilevazioni sono concepiti, sin dal XV secolo, igrometri di varia concezione. All’inizio gli igrometri più diffusi sono quelli ad assorbimento, basati sulla proprietà che hanno molte sostanze organiche di variare di dimensione, in funzione dell'umidità. Una delle prime descrizioni di questo tipo di strumento, capace di indicare le variazioni di umidità atmosferica, è quella che compare nel volume De re aedificatoria di L. B. Alberti, scritto dal 1440 al 1450. Quasi contemporaneamente anche nel De staticis experimentis, scritto da Nicolò Cusano verso il 1450, si ha la descrizione di un igrometro ad assorbimento simile a quello di Alberti. Si tratta di strumenti del tipo a bilancia nei quali l'umidità assorbita da una sostanza vegetale (canapa) o animale (spugna) ne fa variare il peso. Molte sostanze, che subiscono per effetto dell'umidità una variazione di volume, di lunghezza o di altri parametri, sono state impiegate per la realizzazione di igrometri: corde di canapa adoperate nel 1625, corde di budello animale, legno di abete, capelli umani  ossa di animali.

Fonti:

http://guidocioni.altervista.org/appunti/galileo.pdf

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